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Femminili singolari: il femminismo è nelle parole

Buon #lottomarzo, ragazze!


In occasione della Giornata internazionale della donna, vorremmo affrontare un tema a noi particolarmente caro (e a causa del quale Sofia litiga con una bella fetta della popolazione da mesi e mesi): quello dei femminili delle professioni nella lingua italiana. Non è un problema che fa infervorare solamente noi, ma anche una dei linguistə più attentə e famosə del panorama italiano: Vera Gheno, che nel suo libro, Femminili singolari, edito da Effequ affronta la questione con il suo solito modus operandi, ovvero con chiarezza e professionalità.





Il concetto dietro a questo saggio davvero fruibile a chiunque, oltre che piacevole da leggere e davvero interessante, è molto semplice: le parole riflettono la società e stanno alla base della disparità che ancora ci affligge. E nel 2021 non possiamo più permetterci di soprassedere alla questione, per quanto sciocca possa sembrare. Ma il punto, forse, è proprio questo: ancora troppə, oggigiorno, credono che sia una delle tante battaglie sciocche. Eppure, se c’è una cosa che ho imparato, studiando la linguistica italiana (perché l’ho studiata e so più che bene di cosa sto parlando, motivo per cui tendo a rispondere male a chiunque dia fiato alla bocca senza informarsi), è che la società, il pensiero comune, la vita… sono tutte cose che si cambiano partendo dalle parole e dal linguaggio che usiamo.


La lotta femminista parte dalle parole


Perciò, come dice Vera Gheno, “il femminismo è nelle parole”. Usare sindaca e ministra, avvocata (avvocata, vorrei ricordare, lo usava persino Dante Alighieri nel Paradiso, a conferma che oltre a essere italiano corretto è un italiano che ha lunghe radici indietro nel tempo) o architetta non è diverso da utilizzare infermiera, maestra e operaia. Però, i primi sostantivi generano scalpore, stupore e indignazione, mentre i secondi sono comunemente usati nel nostro parlato di tutti i giorni. Vedete, la grammatica non è democratica, non prevedere opinioni. Ci sono delle regole codificate che vanno rispettate, altrimenti non si sta usando la lingua nel modo giusto. Punto. E arrivare addirittura ad affermare che in italiano il maschile viene usato come una sorta di neutro e che nelle professioni comprende anche la componente femminile, beh… è completamente sbagliato. In italiano il genere neutro non esiste. Esisteva in latino, esisteva in greco. Ma non in italiano. La ragione per cui, finora, si è usato il maschile come una sorta di neutro adatto a tutte le occasioni è sociologica: gli uomini sono stati – e sono ancora – i padroni del mondo e pertanto lo hanno plasmato a loro immagine e somiglianza.


Ecco per quale ragione usare i femminili nelle professioni – in tutte le professioni – è un gesto di lotta non indifferente. Significa riappropriarci di spazi che ci sono stati negati per secoli, spazi che ci spettano perché non abbiamo niente di meno degli uomini che li hanno occupati fino a oggi. E se davvero il femminismo è nelle parole, e lo è, allora tuttə dovremmo iniziare a usare senza paura e senza vergogna i femminili che la nostra lingua ci dona.


La dignità del femminile


Chiamare una donna avvocata non è strano. Non è sbagliato e non suona male. O magari sì, suona male, ma solo perché non siamo abituatə a farlo. E se non siamo abituatə a farlo è perché fino a una manciata di decenni fa era una professione a uso esclusivo degli uomini. Lo stesso vale per ministra e per direttrice d’orchestra. Per scrittrice, per autrice. Per tutto. Non c’è poca dignità nell’usare i termini femminili corretti. Non c’è nulla di dispregiativo. Anzi. E allo stesso modo non c’è nulla di dignitoso o fantastico nel pretendere di essere chiamate al maschile per una certa professione. Essere chiamate avvocato o ministro o sindaco non vi dà più potere: vi omologa a una società che ancora oggi, nel ventunesimo secolo, ci vuole un passo indietro rispetto agli uomini, possibilmente relegate a un ruolo di cura che molte di noi non sentono davvero proprio.


La rivoluzione parte dalle parole. Lo insegna Vera Gheno in questo saggio che tuttə dovrebbero leggere, lo insegnano le donne – le femministe – che si battono ogni giorno per ottenere prestigio e rispetto in quanto tali. E quale miglior momento di iniziare a farlo, se ancora si è restii, della Giornata internazionale della donna?


Partiamo dalle piccole cose per attuare una vera e propria rivoluzione. Cambiamo il mondo. Cambiamo la società. Cambiamo la nostra vita.

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