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Femminismo, streghe e scrittura: conosciamo A. K. Blakemore, autrice de "Le streghe di Manningtree".

Ciao Readers! Come state?

Come ormai saprete, ho avuto l'immenso piacere di incontrare, conoscere ed intervistare A. K. Blakemore, autrice di uno dei libri che più ho amato quest'anno e per il quale ho organizzato anche un gruppo di lettura. Una persona genuina, super disponibile ed estremamamente interessante.



Eccovi, finalmente, l'intervista completa. Spero tanto vi piaccia!


Sono molto curiosa riguardo al processo di scrittura… Hai una routine di scrittura?

Non proprio. Cerco di scrivere al mattino. Perché credo che per me risulti più semplice scrivere prima che qualsiasi altra cosa mi capiti durante la giornata. Perché mi serve avere la mente libera. Tutto quello che faccio prima di iniziare a scrivere è un bere un buon caffè e una sigaretta.

Me: Io sono più per il tè

Blakemore: siamo l'opposto di quello che dovrebbe essere! Tu sei inglese…


In più non scrivo tantissimo ogni giorno. Cerco di farlo per circa 2 ore perché trovo che dopo questo tempo la mia attenzione inizi a vacillare. Credo che questo sia un piccolo consiglio valido per chiunque voglia essere scrittor*.

Si pensa sempre “devo assolutamente scrivere almeno cinque o sei ore al giorno”, mentre non deve essere assolutamente un dovere. 500 parole non sono così tante, ma se riesci a scriverle ogni giorno, allora i risultati arrivano presto. Conosci Terry Pratchett? Il suo goal giornaliero era scrivere 200 parole al giorno!

 

Quando e come è nata l’idea di scrivere “Le streghe di Manningtree”?

Ho iniziato la mia carriera da scrittrice come poetessa, pubblicando anche due raccolte di poesie. Nel periodo in cui ho cominciato a scrivere “Le streghe di Manningtree” stavo vivendo un periodo di blocco con la poesia. Non riuscivo proprio a comporne. Ma volevo comunque scrivere qualcosa, piuttosto che nulla. Sono da sempre stata affascinata dalla storia riguardate la caccia alle streghe, in particolare nell’area di Manningtree, quindi ho pensato che avrei potuto iniziare proprio da lì, cercando di essere storicamente accurata. Alla fine mi sono resa conto di non riuscire più a fermarmi. Credo che comporre poesie per così tanto tempo fosse diventato quasi un dovere, quindi cambiare genere mi ha davvero divertita.

E mai avrei pensato di riuscire a finire questo romanzo per poi vederlo addirittura tradotto in altre lingue.

 

Parlando di storia, ho letto che hai consultato tantissime fonti. È stato difficile reperirle? Quale ti ha colpito di più?

Si, le difficoltà ci sono state nonostante la documentazione esistente sulle donne di Manningtree ed in generale sui processi di stregoneria, si trovi solo online ora. In Inghilterra, molti documenti riguardanti i processi di stregoneria, sono stati persi o distrutti. Quindi la vera sfida è stata colmare questi “buchi” dove non sappiamo cos’è successo. Può essere un po’ frustrante quando fai ricerche e ti poni delle domande alle quali nessuno riesce a dare risposta. Per esempio, non sappiamo esattamente come fossero i processi per stregoneria in Inghilterra. Non sappiamo dove stavano le persone e chi faceva le domande: non ci sono proprio documenti al riguardo. Ma bisogna vedere questi “buchi” come opportunità. Ovviamente, la mia, è una rivisitazione immaginaria ed è ovvio che ci possano essere molte differenze nell’interpretazione di questi buchi neri della storia. Ma forse questa è stata proprio la parte più divertente.

 

Ho molto amato la relazione tra Rebecca e sua madre. L’ho trovata davvero autentica. Qual è invece, il tuo rapporto con la nostra protagonista?

Le voglio molto bene. La prima bozza in assoluto del romanzo era scritta in terza persona e quando l’ho sottoposta a revisione, ho detto al mio editor che mi sarebbe piaciuto molto riscriverla dal punto di vista di Rebecca. Perché, tra tutti i personaggi, è con lei che mi sono istintivamente sentita collegata fin da subito. Credo che la sua sia la prospettiva più interessante dalla quale seguire la storia. Quindi ho provato a riscrivere tutto dal suo punto di vista, essendo lei un po’ il cuore del romanzo. Allo stesso tempo ho realizzato che poteva anche essere interessante dal punto di vista storico. Avendo circa 18 anni, è stata una delle persone più giovani implicate in un processo di stregoneria, dove solitamente le accusate erano più anziane. Il suo è stato un caso davvero raro. Sempre a livello storico, ho trovato un documento con la sua dichiarazione integrale. Sappiamo che era in prigione, sappiamo che ha confessato, ma non c’è nessun documento riguardante la sua esecuzione. Quindi, ho immaginato che fosse stata “incoraggiata” a confessare e ad accusare sua madre e le altre donne di Manningtree così da poter essere libera ed uscire di prigione. Ho trovato interessante poter esplorare come una persona avrebbe potuto agire trovandosi in queste condizioni: è un po’ la questione centrale del libro.

 

Parlando sempre di personaggi, una dei miei preferiti è stata Madre Clarke. La scena nel capitolo 13 mi ha emotivamente distrutta. Qui si vede perfettamente tutta la miseria e la cattiveria che alberga in certi animi. È stata questa la parte più difficile da scrivere?

Credo che la parte più difficile da scrivere ha sempre come protagonista Madre Clarke, ma la scena non è quella. La parte della “pungolatura” mi ha messa davvero in difficoltà. Non molte persone forse lo sanno, ma in Inghilterra la tortura era illegale in quegli anni. Inoltre anche la privazione del sonno, vera e propria tortura praticata da Hopkins, era molto praticata.

 

C’è un personaggio a cui ti sei particolarmente affezionata?

Non sempre quando scrivi ti senti vicina ai i personaggi, così come può succedere anche mentre leggi. Quindi forse il personaggio a cui sono più affezionata è stato quello più divertente da scrivere. È sicuramente strano, ma per me è stato davvero interessante entrare nella mente oscura di Matthew Hopkins, il nostro autoproclamato inquisitore, con i suoi modi pomposi ed il suo linguaggio manipolatore. Inoltre, è sicuramente una figura conosciuta in Inghilterra tra saggi, libri ed adattamenti cinematografici. È stata quindi una sfida molto divertente trovarne la mia versione.

Me: avrei tanto voluto ucciderlo!

Blakemore: Anche io!

 

Parlando di femminismo: una delle mie frasi preferite è “siamo le figlie delle streghe che non siete riusciti a bruciare”. Come sono connessi femminismo e streghe secondo te?

Molto fortemente. Credo che la figura della strega sia una delle più interessanti ed amo il fatto che sia stata reclamata nella storia del femminismo.

Ci sono poche figure femminili nel corso della storia che incarnino potere e ribellione, e la strega li riunisce entrambi contemporaneamente. In più è vista anche come fuori dagli schemi e credo che la letteratura riguardante la caccia alle streghe abbia molto da dire ad ogni donna. Ma allo stesso tempo penso che sia importante ricordare che i processi alle streghe sono stati una forma di violenza di genere. Questo non può essere negato.

Amo molto che le streghe vengano reclamate come figura di emancipazione e di potere, ma credo anche che sia necessario pensare alla figura "storica" della strega nel suo specifico contesto piuttosto che proiettare su di essa idee moderne.

 

Siamo arrivate all’ultima domanda... Parliamo di libri! Potresti consigliarci alcune letture, anche non a tema, che hai amato?

Certo! So che Fazi, ha pubblicato Hilary Mantel. Consiglio con tutto il cuore la sua trilogia sui Tudor. Lei è la migliore quando si parla di historical fiction.

Inoltre, uno dei miei libri preferiti di sempre forse non è stato tradotto in Italia. È “Margery Kempe” di Robert Glück. Margery Kempe era una mistica del medioevo che si dice abbia scritto un'autobiografia intitolata The Book of Margery Kempe. Quella di Glück è una rivisitazione di questo libro basato sulla traduzione del testo di Barry Windeatt del 1985. È incentrato sul narratore quarantenne, Bob, che parla del suo amore per un uomo di nome “L” però nello stile di Kempe.


Ed eccoci qui!

Spero tanto che l'intervista vi abbia donato nuovi spunti di lettura ed interpetazione.

Ringrazio ancora di cuore Fazi Editore per questa meravigliosa opportunità!


Un abbraccio a tutt* voi ed a presto!

Alessia

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